LaSvista con Daniele Cassioli e PINI GROUP

Il team building supporta l’inclusione delle differenze culturali? 

Risponde Fabio De Martino di PINI GROUP.

COREFAB, il team building supporta l’inclusione delle differenze culturali? 

Qualche settimana fa sono stato contattato da Fabio De Martino, attualmente Group Chief Innovation Officer (CIO) di Pini Group. Non conoscevo Fabio, non conoscevo l’azienda di cui fa parte. 

Non conoscevo nulla di lui. Come del resto capita ogni volta che Corefab affronta una nuova conversazione, con un nuovo cliente. Tuttavia, quando cerco di approfondire le ragioni che hanno condotto Fabio sul nostro sito web ricevo (sintetizzo) questa informazione: “la nostra è una realtà dove c’è ampio spazio per le differenze culturali. Diversa provenienza delle persone, diverse culture, diversa lingua. Ecco, dovremmo usare l’attività per sorpassare questo ostacolo. Per mettere da parte le effettive diversità e trovare metodi per facilitare la comunicazione, per migliorarla su diversi fronti. Cosa ci consigli?

E dopo aver elaborato tre proposte, troviamo l’attività ideale: #LaSvista, con Daniele Cassioli, mettendo al centro il tema dell’ostacolo. E chiedendo a tutti i partecipanti, bendati, di realizzare con la creta una metafora del loro ostacolo principale alle relazioni. Iniziamo da qui anche con Fabio. 

Fabio, qual è il tuo più grande ostacolo alle relazioni personali? Cosa hai costruito durante l’attività di team building organizzata recentemente?

Per quanto mi riguarda i maggiori ostacoli derivano dalla paura del giudizio altrui, che spesso sfocia in una continua, seppur sterile, ricerca di apprezzamento e accettazione. Sommo a questo anche un “briciolo” di sindrome dell’impostore, che tende a non farmi sentire “abbastanza” anche all’evidenza dei risultati (abbastanza bravo, abbastanza competente, abbastanza preparato).

Durante l’attività di Team Building ho costruito una freccia. Che per me rappresenta proprio il giudizio altrui, spesso superficiale e veloce nell’essere scagliato, ma in grado di ferire chi lo riceve, proprio come una freccia. 

Oggigiorno questo tema è ancor più amplificato a causa dei social. Chi ha un minimo di esposizione pubblica deve imparare a gestire tutto questo. 

Piano piano sto cercando di riuscire a gestire questi aspetti, ma il lavoro da fare è continuo. 

È stato interessante ascoltare i tuoi colleghi rispondere alla stessa domanda? Se sì, perché?

Assolutamente sì. Penso che parlare dei propri ostacoli, delle proprie paure e dei propri timori ci renda umani e ci avvicina all’altro. 

Scoprire che molti colleghi hanno i miei stessi timori è stato quasi liberatorio perché, in fondo, non si è soli con le proprie paure.   

Ognuno di noi è “incompleto”, manchevole in qualcosa e portatore sano di difetti. Ma lavorando come squadra siamo in grado di superare i limiti del singolo. Questa è la consapevolezza che ci siamo portati a casa dopo l’attività di Team Building.

Facciamo un passo indietro. Chi è Pini Group? Cosa fa? E perché oggi affronta il tema delle diversità culturali e linguistiche?

Siamo una società di ingegneria nata in Svizzera e con oltre 70 anni di esperienza e storia. 

Negli ultimi anni la società è cresciuta molto. Da realtà locale a conduzione familiare oggi Pini è un player internazionale dell’engineering, con uffici in Italia, Algeria, Argentina, Austria, Australia, Bolivia, Francia, Portogallo, Norvegia, Israele, Brasile, Canada, Cile, Ecuador, Grecia, India, Malesia, Nepal, Perù, Turchia e Stati Uniti. Abbiamo circa 800 collaboratori impegnati in servizi di progettazione, direzione lavori e consulenza.

Detto questo penso che si possa capire perché oggi affrontiamo il tema delle diversità culturali e linguistiche, che per noi rappresenta, al tempo stesso, una sfida ed un’opportunità. 

L’attività di Team Building l’abbiamo affrontata durante il Management meeting della Business Unit Svizzera e Austria. Già se ci focalizziamo all’interno della Svizzera vediamo ci sono diversità linguistiche e culturali che rappresentano un unicum in tutto il mondo e che devono diventare un fattore di successo, piuttosto che una limitazione. 

Puoi spiegare il tuo ruolo in Pini Group e come contribuisci all’inclusione di tutte le differenze presenti in azienda?

In Pini ricopro il ruolo di Group Chief Innovation Officer. Quello che cerco di fare è interpretare i cambiamenti di un mondo in continua evoluzione per far sì che il successo di oggi possa consolidarsi, ed anzi essere amplificato, domani. 

La verità è che sarà sempre più difficile renderci conto della velocità con la quale il futuro sta arrivando, della velocità con la quale la società (ed i bisogni delle persone) stanno cambiando. 

In uno scenario come questo la capacità di adattarsi, di ri-combinare conoscenze e saperi per riuscire a creare innovazione costituirà il vero vantaggio competitivo, per le aziende. 

Ed è proprio qui che entra in gioco il dipartimento innovazione. Con una visione molto romantica direi che il futuro dobbiamo avere la forza di plasmarlo, piuttosto che la passività di subirlo. 

Un mattoncino alla volta stiamo cercando di costruirlo.

Quando si parla di innovazione le “differenze”, siano esse culturali, linguistiche, socio-economiche sono un valore aggiunto imprescindibile. La capacità di lasciarsi contaminare e di ascoltare gli altri diventa una prerogativa per chi vuole veramente innovare. 

Insomma: per avere una prospettiva servono due punti di vista differenti, uno non basta. Ecco come l’innovazione contribuisce all’inclusione, semplicemente non la combatte, ma la valorizza.  

Al termine dell’attività, a pranzo, abbiamo parlato di come sia difficile istituire una lingua ufficiale aziendale, condivisa da tutti. Non che sia difficile di per sé, naturalmente. Ciò che è difficile è che tutti la accettino con il medesimo livello di gradimento. E allora, come si può arrivare, anche più lentamente, ad una possibile soluzione condivisa e accettata da tutti, secondo te?

Direi che questa domanda è tutt’altro che banale. È molto importante che il gruppo arrivi a metabolizzare la tematica linguistica, ma lo stesso vale per qualsiasi altro tema differenziante, prendendo consapevolezza del bisogno che ne deriva e partendo con l’accettazione dell’altro, in quanto tale, con le sue limitazioni. 

La somma di accettazione e consapevolezza non può che portare ad un equilibrio che il gruppo stesso cercherà di favorire. 

Parliamo di Pini Group. Qual è l’attuale direzione? 

Per rispondere a questa domanda voglio usare le parole del nostro CEO, Andrea Galli. Una fotografia che ben descrive, oggi e domani, il nostro gruppo: 

“La nostra più grande sfida è quella di essere un gruppo aziendale che sappia mantenere il dinamismo tipico di una task-force.

Per consolidare il continuo sviluppo delle attività vanno ora coltivati quei fattori che hanno determinato la nostra crescita negli ultimi anni. Agilità e velocità di azione, che si traducono in: processi decisionali brevi, capacità di delegare e adattamento delle competenze alle variabili del momento. 

Pragmatismo e concretezza: il che significa seguire una linea precisa e applicare concetti conosciuti e affidabili in pochi e solidi passi. 

Competenza ed eccellenza: la ricerca del continuo miglioramento, misurandosi con se stessi e con competitors su scala locale e internazionale. 

E soprattutto passione: la voglia di contribuire alla realizzazione di opere prestigiose e alla crescita di un nuovo gruppo, sbarazzino, talvolta sfrontato, ma essenzialmente innovatore. 

Una visione olistica, dove l’unità di gruppo è l’insieme di individualità eclettiche, dove le peculiarità del singolo formano l’insieme di abilità del gruppo. Piccoli imprenditori in una rete performante, che si appassionano all’operato, ma si lasciano ancora sorprendere da ciò che il futuro loro serba.”

Penso che ci sia poco da aggiungere per descrivere la nostra traiettoria. 

Finiamo con una domanda personale: sappiamo che sei papà e ne fai piacevole menzione sul tuo profilo Linkedin. In qualità di genitore, non più di professionista, cosa consiglieresti a chi oggi, giovanissimo, si affaccia al mondo del lavoro? Cosa hai imparato che puoi trasferire alle nuove generazioni?

In primis devo dire che il genitore non termina dove inizia il professionista e viceversa. Spesso sento dire che bisogna lasciare fuori dal lavoro le emozioni della vita personale e, al contrario, non bisogna portare il lavoro a casa.

Non sono d’accordo con questa visione. Personalmente ho una visione più globale, dove vita personale e professionale devono coesistere ed entrambe formano la persona in quanto tale. 

Volendo dare tre consigli darei questi:

  1. Non smettere mai di formarsi. Spesso da giovani si pensa che dopo il diploma, o la laurea, si possano “appendere i libri al chiodo”. Oggi, per fortuna, non può essere così. C’è una necessità oggettiva di continuare a formarsi (ed informarsi) mantenendo un elevato tasso di curiosità. 
  2. Bisogna essere se stessi e bisogna trovare le proprie unicità. So che sembra banale, quasi da “guru motivazionale” ma personalmente ho condotto i primi anni della mia carriera cercando di “somigliare” agli altri. La svolta c’è stata quando ho capito che potevo dedicare del tempo a costruire competenze ed esperienze utili a rendere il mio profilo “unico” rispetto agli altri, il tutto allineato con la mia natura e le mie passioni. 
  3. Bisogna imparare a perdonarsi. Anche questa cosa l’ho imparata, purtroppo, non subito. Sia in ambito universitario, sia in ambito lavorativo, mettevo il risultato davanti ad ogni cosa. Con il tempo ho imparato che i risultati dipendono anche da fattori che non possiamo controllare e che la sera, davanti allo specchio prima di andare a dormire, quello che conta è guardarsi sapendo di aver dato il proprio massimo. 
Marco Menoncello
Outdoor team building perche organizzarli

Team building, che ci crediate o no, si usava già nel Pleistocene

Prendo spunto dalla realtà. La mia, se non altro.

Approfitto del libro che mi è stato regalato recentemente. Un saggio, decisamente affascinante, di Annamaria Testa, dal titolo Le Vie del Senso. Sono ormai oltre la metà, ma devo fare un salto indietro, all’inizio del secondo capitolo che si apre con la seguente riflessione.

Il linguaggio verbale umano è la maggiore invenzione della nostra specie e il nostro principale vantaggio evolutivo. Ci permette di pensare, di ricordare meglio, di accumulare e trasmetterci conoscenza. E ci permette di capirci e di cooperare in una molteplicità di forme. 

Noi esseri umani siamo (…) una specie ultra-sociale. E lo siamo perché abbiamo sviluppato un’attitudine ad informare gli altri esseri umani su cose che potrebbero essere utili o interessanti per loro

Utili e interessanti. Ripeto, utili e interessanti. Quali sono quelle cose che potrebbero essere “utili o interessanti” per i nostri interlocutori? 

Forse non è il tema centrale del saggio di Annamaria Testa, ma lo è per noi, organizzatori di team building, che passiamo le giornata spiegando ai clienti quali siano le ragioni per cui sia rilevante organizzare le nostre attività. 

Poiché, lo ripetiamo spesso: nel 99% dei casi (non esagero) alla domanda, “perché vorreste organizzare un’attività di team building? Perché avete pensato a questa soluzione? Cosa vi ha spinto a chiamarci”, la risposta è sempre la stessa. “Beh, pensavo che fosse un’occasione per consolidare la collaborazione”. Certo, lo è, confermiamo noi. Fare attività di team building è un’ottima occasione per consolidare i rapporti, per celebrare la cooperazione tra membri dello stesso staff.

I colleghi di Progesto s.r.l. società benefit si confrontano durante una sessione di #DrinknDraw

Ma a pensarci bene, la collaborazione non è solo un obiettivo. E’ un mezzo che può condurre ad un altro fine. 

Qualunque attività organizzata da Corefab società benefit, o da altri colleghi nello stesso campo, non può prescindere dalla collaborazione. Anzi, la collaborazione nelle attività si respira meglio dell’ossigeno. La collaborazione è indubbiamente l’obiettivo da raggiungere a lungo termine, qualcosa che va allenato con costanza. Se tuttavia dovessimo scegliere degli obiettivi a breve a termine che possano poi condurre alla collaborazione a tutto campo, potremmo scegliere, più facilmente, la conoscenza reciproca?

Scegliere un linguaggio (quello delle attività di team building) per mettere al centro quel “vantaggio evolutivo” che ci permette di comunicare, a differenza di altre specie, anche le emozioni. Anche le perplessità, anche le delusioni, le paure o i “mal di pancia” ai quali si è esposti in azienda. 

Daniele Cassioli si confronta con i collaboratori di Pini Group durante una sessione di #LaSvista

In altre parole, se pensassimo al team building come all’occasione per informare i nostri colleghi su cose che potrebbero essere utili per loro, e se concordassimo che le cose “utili” possono essere anche i nostri racconti personali, avremmo davvero applicato quell’indiscusso vantaggio evolutivo.

E avremmo, già nel breve termine, consolidato una conoscenza reciproca che consentirà alle persone, ai colleghi, al gruppo, di aver cura delle persone intorno a sé non più in quanto colleghi, ma in quanto persone, con le stesse ambizioni, fragilità, dubbi o desideri.

Questo è il piccolo grande segreto dell’attività di team building. Questa è la piccola grande differenza che separa le nostre attività da altre attività che, sul mercato, sono note con la locuzione “leisure experience”.

E che, per loro diversa natura, non concedono il tempo di approfondire le relazioni personali. Ed è giusto così, ma va spiegato: la quantità di offerte online ambigue genera spesso confusione tra i clienti che cercano, per la prima volta, di approcciare l’attività di team building. Se ci fate caso, stiamo ancora sempre parlando di interpretazione del linguaggio. 

Ad ogni modo, ritornando sulle parole di Annamaria Testa, accumulare e trasmettere conoscenza, anche su fatti che solo in apparenza possono sembrare futili (qual è stato il mio sogno da bambino? dove ho vissuto? da quale figura famigliare ho imparato a fare l’una o l’altra cosa? qual è il mio principale ostacolo alla conoscenza reciproca?) è utile, oltre che ampiamente consigliato, per costruire team rispettosi, inclusivi, partecipativi e poi – solo poi – proattivi.

Perché la collaborazione è il fine ultimo. E già la pensavano così, milioni di anni fa, gli homo del pleistocene: capire che collaborare poteva servire a procurare più cibo fu un passo fondamentale. Un passaggio ottenuto senza la maggior dimestichezza che oggi abbiamo – indiscutibilmente – con il nostro linguaggio. 

Oggi che sfruttiamo quel vantaggio quotidianamente, possiamo concederci il lusso di pensare che grazie alla comunicazione reciproca cooperiamo. E lo facciamo meglio. Lo facciamo in una “molteplicità di forme”. E possiamo generare risultati pazzeschi, migliorando il clima in azienda e producendo energia per chi sta intorno a noi. Magari contagiandolo con la nostra voglia di raccontare, con la voglia di stare insieme e creare team. Con il desiderio di dimostrare, continuamente, la nostra ultra-socialità.

Marco Menoncello
ABB lavora con Corefab

Il coraggio di organizzare un non-sales meeting per ascoltare le persone

La parola a Veronica Meloni, HR Business Partner di ABB

Ho conosciuto Veronica in un’occasione molto speciale. Provo a sintetizzare.

ABB cercava di organizzare l’annuale sales meeting per il Local Sales e Service unit della Divisione Measurement & Analytics.

Tuttavia i manager dell’organizzazione hanno fatto emergere che i loro collaboratori avessero bisogno di qualcosa di diverso da un meeting tradizionale con case e dati, con performance e indicazioni, seppur preziose, sullo stato delle cose.

Forse perché, “lo-stato-delle-cose-in-azienda” include obbligatoriamente anche tutti quei rapporti personali che riguardano le persone, e le loro relazioni, in senso stretto. E ancora “lo-stato-delle-cose-in-azienda” non può prescindere dalle persone che, di fatto, l’azienda la vivono e fanno crescere tutti i giorni. Così, con l’appoggio dei colleghi Paolo Fumagalli, Loredana Tullio e Valerio Pazzini e con il supporto di Corefab società benefit, quel sales meeting è diventato, in men che non si dica, un “non-sales meeting”.

E infatti, con grande partecipazione organizzativa di tutti i soggetti citati, la riunione annuale si è trasformata in una due giorni di workshop e team building con un duplice obiettivo: analizzare gli stereotipi aziendali e mettere, nero su bianco, le perplessità, debolezze e paure di tutti i collaboratori; trasformare questi stereotipi in modello positivi, così da rafforzare le collaborazioni in essere ed approfondire la conoscenza reciproca dei partecipanti.

E senza andare oltre, chiediamo alla diretta interessata, come è stato.

● Veronica, ben trovata. Iniziamo dalla fine: come ti sei sentita al termine dell’evento organizzato insieme?

Mi sono sentita soddisfatta ed entusiasta. Sono stati due giorni unici e davvero ricchi di emozioni ed opportunità.

● Ora, torniamo all’inizio, con quella domanda da cui siamo partiti: quale fu il tuo primo lavoro? Cosa hai avuto l’occasione di imparare?

Il mio primo lavoro?

A 16 anni mi sono ritrovata a fare da baby-sitter ad una bambina di 6. Il mio insegnante di Aikido aveva bisogno di qualcuno che aiutasse la sua unica figlia con i compiti così, mi propose il “lavoro” ed io accettai con curiosità ed anche un po’ di timore.

Ho imparato a prendermi cura di lei, a cercare di capirla ed ho capito che mi piaceva molto vederla crescere e mi dava soddisfazione quando ascoltava i miei suggerimenti…   tant’è che ancora oggi nel mio lavoro cerco di prendermi cura delle persone e di capirle…

● Quindi, perché un non-sales meeting? E perché un lavoro di approfondimento sugli stereotipi aziendali?

Dopo più di due anni di pandemia, di distanza e di cambiamenti organizzativi dettati dalla nostra organizzazione globale avevamo tutti bisogno di ritrovarci.

Così avevo proposto a Paolo Fumagalli (Local Division and Sales Manager) di pensare ad un meeting, magari un po’ d’ispirazione e lui ha pensato di organizzare un Sales Meeting.

Poi però, ci siamo resi conto che avevamo bisogno di cercare di andare oltre. ABB è molto attenta ai temi della D&I, ha lanciato un manifesto e abbiamo diversi gruppi di colleghi volenterosi e volontari che stanno lavorando sui temi del gender, generation e abilities.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

● Qual è stata la reazione dei collaboratori di ABB? Avete fatto una survey conclusiva? Di cosa credi che abbia beneficiato il gruppo, in particolare?

Tutti i colleghi sono stati entusiasti, hanno tutti apprezzato tantissimo e ci hanno ringraziato per l’evento, l’esperienza è stata unica. Anche la survey è stata un successo (nessuno si è lamentato… : – ) ).

Probabilmente l’effetto sorpresa in crescendo è stato l’altro fattore vincente ma la cosa che credo sia stata davvero apprezzata è che abbiamo parlato di loro, dei loro bisogni, abbiamo messo al centro loro e di come quotidianamente si può superare un pregiudizio a seconda dell’atteggiamento che si vuole adottare.

Oltre al fatto che ritrovarsi tutti insieme dopo più di due anni, ti permette di vivere quella dimensione della condivisione di emozioni che probabilmente tramite un video e le mail si erano un po’ perse.

● Nella progettazione dell’evento hai avuto modo di riflettere con un giovanissimo Marcos Sanchez, facilitatore esperto di processi: quanto è stato importante collaborare con lui?

Marcos, così come Marco, ci hanno aiutato a tradurre i nostri pensieri nell’attività “formativa” e di team building.

Noi abbiamo dato lo spunto sugli stereotipi delle funzioni e lui ci ha guidato sul come costruirla, mi è piaciuto molto il suggerimento di passare dallo stereotipo negativo al modello positivo, ha arricchito moltissimo l’esperienza ed ha creato poi il collegamento all’attività del secondo giorno: la svista che è stato un altro momento davvero emotivamente coinvolgente, arricchito ulteriormente dalla presenza di Daniele Cassioli.

● Durante l’evento ti ho visto emozionata, più volte, per merito delle potenti parole di Daniele Cassioli. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Non conoscevo Daniele e sono stata potentemente e positivamente rapita dalle sue parole e dal suo esempio.

La sua autoironia è fantastica e non trovo un termine solo per definire lui perché è stato davvero emotivamente coinvolgente, unico ed eccezionale.

Mi sono emozionata perché ha espresso dei concetti davvero chiave per la vita di ciascuno che si possono applicare al mondo del lavoro ma anche e soprattutto alla vita di tutti giorni.

Ciò che mi è entrato dentro è quanto sia importante l’atteggiamento, Daniele ce l’ha raccontato condividendo la sua esperienza di vita ma ognuno di noi può davvero fare la differenza se lo vuole e per me, che lavoro nella funzione risorse umane è fondamentale tenerlo ben in mente.

Ci ha parlato del tema della fiducia… insomma tanti tanti spunti arricchenti e fermarsi a riflettere non ci è sempre concesso.

● Noi di Corefab ripetiamo in continuazione che #siamotuttiindispensabili. L’abbiamo fatto diventare un hashtag, un credo, un mantra. Vale anche in ABB?

Aggiungere Unici e quindi sì, vale sicuramente anche per ABB che chiede alle sue persone di mettersi in gioco con coraggio, prendendosi cura di quello che fanno collaborando con curiosità e questi sono i valori di ABB quindi direi che siamo più che allineati.

● Nel tuo ruolo, cosa puoi suggerire ai più giovani per vivere al meglio le relazioni professionali nel luogo di lavoro?

Quello che dico spesso è che passiamo al lavoro tantissimo tempo ed è per questo fondamentale costruire relazioni positive, di collaborazione e di fiducia reciproca.

Questo ci permetterà di crescere sempre, sia professionalmente ma anche umanamente. Il creare relazioni costruttive ci permetterà di poter condividere anche i momenti di difficoltà perché come nella vita privata anche nella vita professionale si incontrano, ma questo non deve spaventare ma deve essere elemento di stimolo per fare di meglio chiedendo anche l’aiuto o il supporto ad un collega o al proprio responsabile.
Quindi concludo ringraziando i miei compagni di avventura, Loredana, Valerio che ci ha seguito e Paolo che ci ha creduto; voi tutti di Corefab che ci avete aiutato e Daniele che ci ha ispirato. Un’esperienza unica, arricchente e per me questo rappresenta bell’inizio…

Marco Menoncello
Teambuilding Daniele Cassioli

Guardare oltre. La cura nei rapporti come stimolo positivo.

Il grande viaggio di Corefab nello studio di soluzioni efficaci per le aziende alle volte prende strade e declinazioni diverse da quelle di origine. Questo accade quando ci si ferma a pensare a come le attività di team building possano essere un grande supporto anche per segmenti di mercato differenti da quelli che abitualmente si rivolgono a noi.

È nato così, da un’attenta analisi delle risorse che Corefab poteva mettere a disposizione per incontrare il mercato della silver economy, il nostro nuovo progetto indirizzato a coloro i quali dedicano la loro vita professionale alla cura delle persone con fragilità sociali.

Chi si occupa delle persone e della loro cura ha la necessità di essere sempre in grado di ricevere stimoli che gli permettano di vedere oltre il semplice lavoro, cogliendo gli aspetti più importanti legati alla sensibilità, all’umanità e alla crescita continua.

Il ruolo di Corefab, in questa occasione, è diventato quindi ancora più importante. Perciò abbiamo deciso di circondarci di partner con una particolare attitudine sia sulle tematiche trattate che sull’obiettivo legato alla fiducia reciproca, allo scopo di alimentare la qualità delle relazioni.

È stato coinvolto un grande amico di Corefab, Daniele Cassioli , (Marco Menoncello e Daniele Cassioli in passato hanno collaborato per lo spettacolo teatrale “La Svista”) pluricampione mondiale di sci nautico, membro del consiglio nazionale del Comitato Italiano Paraolimpico, presidente del Real Eyes Sport (associazione sportiva senza scopo di lucro) nonché formatore aziendale e autore del libro “Il Vento Contro”.

Daniele, attraverso un percorso formativo dedicato alle aziende, porta la sua storia ed esperienza di sportivo non vedente trasformando la realtà in un viaggio meraviglioso attraverso l’utilizzo e lo stimolo di tutti i sensi, mettendo in evidenza come il nostro istinto ci faccia sfruttare solo una piccola percentuale del loro potenziale.

Al fianco di Daniele, oltre allo staff interno di Corefab con Chiara Marelli, facilitatrice ad un tavolo di lavoro e Marco Menoncello, coordinatore dell’intera attività, abbiamo abbinato altri professionisti:

Samantha Zintu, responsabile della formazione aziendale per Poleposition.tech Laura Bricola, educatrice professionale.

Per questa missione unire le forze era indispensabile.

Sulla base di queste premesse e con una nuova sfida da affrontare, insieme a Samantha e Daniele abbiamo dato vita ad un nuovo format, adattando una delle nostre attività di team building e declinandola per lo staff di Domitys , realtà che da anni si occupa di fornire (sia in Italia, sia in Francia) strutture abitative in cui far vivere in sicurezza la terza età, senza rinunciare ai propri spazi, alla privacy e semplificando lo stile di vita, grazie al supporto costante di un team di professionisti e collaboratori.

La giornata di team building ha avuto inizio facendo scendere in campo Orietta Coppi, General Manager di Domitys che, grazie alla profonda conoscenza del suo staff, ci ha permesso di creare le giuste squadre affinché potessero ottenere il migliore risultato dall’esperienza che stavano per scoprire.

Partendo quindi dal grande tema della Cura, importante per tutti coloro che lavorano nel campo sanitario, sono state individuate 4 macro categorie da cui partire per l’attività proposta:

  • Creatività
  • Comunicazione
  • Economicità
  • Motivazione

All’interno di queste 4 aree è stato importante focalizzarsi sul raggiungimento dell’obiettivo chiave della giornata:

Prendersi cura di sé stessi aumenta la possibilità di farlo con gli altri, migliorando la gestione delle relazioni della vita quotidiana.

Fissati tutti i cardini, la sfida ha avuto inizio.

Daniele Cassioli teambuilding
Daniele Cassioli – Pluricampione mondiale paraolimpico

Daniele ha aperto i giochi con uno speech motivazionale indirizzato a sollevare l’attenzione verso le innumerevoli opportunità date dagli organi di senso a disposizione del corpo umano, considerando che tutti i componenti di ogni squadra sarebbero stati privati di uno di questi: la vista.

“Ma niente paura, essere privati della vista, vi permetterà di guardare oltre” (Cit.Daniele Cassioli)

Con il solo utilizzo di tatto e olfatto, quindi svolgendo l’attività bendati, è stato chiesto a tutti di aprire una scatola misteriosa dove i partecipanti hanno trovato attrezzatura e materiali per costruire qualcosa che rappresentasse le caratteristiche del “luogo ideale” per ogni componente dell’equipe.

Al termine dell’attività è stata rimossa la protezione dagli occhi e ognuno ha raccontato il proprio elaborato avendo cura che il messaggio trasferito ai presenti potesse descrivere, senza timore, le sensazioni che la sfida aveva suscitato.

Il risultato è stato oltre le aspettative.

Molti dei partecipanti (facenti parte della stessa squadra) hanno costruito un cuore senza che gli altri ne fossero a conoscenza.

Abbiamo visto mani e ponti, simboli di opportunità e crescita. Esattamente gli obiettivi che ci eravamo prefissati e a cui sono arrivati in maniera naturale e spontanea.

Il primo tempo della sfida aveva già fatto emergere i giusti stimoli per affrontare la seconda parte della giornata.

Un breve questionario online inviato nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo ha fatto emergere tutte le emozioni con le quali i partecipanti avevano affrontato l’attività e ha permesso di dare il via all’intervento pomeridiano tenuto da Samantha, la quale ha portato l’intera equipe a riflettere sull’importanza di lavorare al meglio, in un clima di condivisione e serenità.

Se è vero che #siamotuttiindispensabili, per essere tali l’atteggiamento deve essere quindi positivo e rivolto alla condivisione, così come lo è stata questa giornata breve e intensa, in ogni suo attimo.

E’ diventato chiaro e tangibile che la consapevolezza verso la cura dei rapporti interpersonali, si riflette direttamente anche sulle persone più fragili e bisognose, sia in una struttura per anziani come Domitys, che in altre realtà dove l’attenzione per il prossimo deve rimanere sempre alta.

L’equipe ora ha uno strumento in più per guardare oltre, per vedere con il cuore, le mani, le emozioni.